Seminario Vescovile
Il Seminario Vescovile della Diocesi di Asti fu edificato a partire dal 1763 dal vescovo Maurizio Caissotti su progetto di Benedetto Alfieri. L’interesse principale dell’edificio è legato all’organizzazione planivolumetrica con cui l’architetto è riuscito brillantemente a risolvere i complessi problemi funzionali che la struttura articolata di un seminario poneva, esprimendosi altresì con il linguaggio sobrio e austero che la severità e l’importanza del luogo richiedevano. Gli edifici deputati alla formazione del clero, definita nell’ambito del Concilio di Trento e rapportata alla realtà astigiana dalle Regole del canonico Bernardino Isnardi (1739), dovevano disporre di ambienti diversi opportunamente correlati: la cappella, le sale di studio, i luoghi per le esercitazioni pratiche e le rare attività ricreative, il refettorio, la biblioteca, le camerate, gli ambienti per il personale direttivo e ausiliario, le cucine, i magazzini. Alfieri progetta un massiccio edificio di tre piani fuori terra, distribuito intorno ad un cortile centrale e organizzato su un asse mediano. Dall’ingresso principale, collocato su uno dei lati corti, si accede all’atrio colonnato, di qui in un ambiente trasversale sopraelevato di alcuni gradini e quindi al monumentale scalone a due rampe contrapposte, denunciato all’esterno dall’aggetto del volume. In prossimità dell’ingresso, sono collocati quegli ambienti che hanno i più frequenti rapporti con l’esterno, come il parlatorio e la biblioteca; sul lato opposto del cortile, in virtù del più agevole collegamento con la retrostante corte rustica, sono invece il refettorio, le cucine e i magazzini. Ai piani superiori, nel blocco d’ingresso sono gli ambienti destinati a funzioni direzionali, nel lato lungo le camerette dei chierici, rivolte verso il cortile, con un’organizzazione distributiva inversa rispetto a quella del piano terreno, evidentemente per garantire un maggior raccoglimento. La fronte principale, con la muratura di mattoni a vista scompartita da lesene a bugne, è appena segnata da un semplicissimo portale in pietra sormontato da un balcone; formalmente più ricercato è lo spazio del cortile, che riecheggia quello delle piazze torinesi, con le facciate scandite con ritmo regolare da lesene che intervallano le arcate del portico, con aperture a serliana. Le esatte dimensioni principali dell’edificio denunciano che l’architetto si è attenuto a una lineare costruzione geometrica, appena falsata in fase di cantiere anche per adattarsi alle preesistenze. Queste erano rappresentate dal complesso degli edifici del vecchio seminario che ricalcavano il tessuto medioevale della città: Alfieri ribalta quella impostazione per connettere, attraverso la piccola piazza, il prospetto principale del seminario a quello del prospiciente vescovado e rettifica gli altri fronti stradali in onore alla esigenza barocca di creare spazi urbani regolari e simmetrici. Il valore attribuito dall’Alfieri al fronte est non è tuttavia apprezzabile nella situazione attuale, in quanto nei primi decenni del Novecento è stato aggiunto il corpo di fabbrica all’angolo nord-est, realizzato in stile, ed è stato demolito il palazzo Catena, che occupava l’area della attuale piazza, soluzione che ha drasticamente mutato i rapporti ambientali del nostro edificio.